Progetto fami lab impact
Laboratori Lab'Impact

Pubblicato 16 giugno 2022

Con Lab'Impact l'Ambito 6 Montorfano promuove la mediazione interculturale ed educativa

di loredana bello

Nella cornice del progetto FAMI Lab’Impact che prevede la promozione dell’accesso ai servizi per l’integrazione, la rete territoriale Ambito n. 6 Monte Orfano ha messo al centro della sua azione progettuale la mediazione culturale. Grazie al progetto FAMI Lab’Impact, infatti, i Comuni di Adro, Capriolo, Cologne, Erbusco, Palazzolo sull’Oglio e Pontoglio, hanno sostenuto il lavoro di una equipe composta da diverse figure professionali: una psicopedagogista con esperienza pluriennale nella mediazione, un’assistente sociale con master in mediazione etnoclinica, un educatore professionale e diversi mediatori linguistico culturali. Una squadra che ha svolto sul territorio un ruolo di consulenza per i servizi territoriali che si trovavano in difficoltà nella gestione di situazioni che coinvolgono famiglie migranti, ma anche i servizi sociali di base dei Comuni o la tutela minori dell’Ambito.

“Si tratta di una progettazione che ha permesso ai sei Comuni appartenenti all’Ambito di costruire una rete locale che mette insieme i servizi educativi e quelli sociali e sanitari, per un approccio coordinato alla presa in carico degli stranieri del territorio portatori di specifiche difficoltà e la promozione della mediazione interculturale ed educativa nell’ambito dei servizi del territorio” ha spiegato il Sindaco del Comune Palazzolo sull’Oglio, capofila della rete, Gabriele Zanni.

“La consulenza dell’equipe viene richiesta dagli operatori dei servizi a seguito di un bisogno rispetto ad una situazione pensata e sentita come complessa” sottolinea Piera Valenti, responsabile del progetto per la rete territoriale Ambito n. 6. “L’equipe interviene per una prima fase di analisi della domanda in presenza dei mediatori culturali che diventano parte necessaria alla comprensione e valutazione della situazione stessa. Talvolta emerge che la difficoltà o il conflitto sia nata a causa di fraintendimenti culturali e linguistici, una difficoltà che però può provocare anche chiusure o fratture nelle relazioni. Il superamento di queste difficoltà rappresenta il nodo di alcune delle esperienze di successo realizzate grazie alla progettualità del FAMI Lab’Impact”.

In particolare, la dottoressa Valenti racconta il caso di un bambino affetto da autismo, per il quale l’equipe multidisciplinare era stata attivata dal servizio sociale di base, in seguito alla difficoltà segnalata dalla Neuropsichiatria Infantile (NPI) a proseguire un servizio psico-educativo, a causa della poca collaborazione della famiglia nel seguire le indicazioni degli operatori.

“Il servizio sociale di base – spiega Piera Valenti - ha valutato il caso del bimbo anche nelle sue letture culturali e ha proposto alla NPI l’attivazione dell’equipe FAMI che ha permesso agli operatori di NPI di avere una lettura diversa della situazione.

Dopo una prima fase di confronto tra gli specialisti coinvolti e la famiglia, è emerso subito che la famiglia confermava di aver percepito un miglioramento importante nel comportamento del bambino grazie agli interventi fatti dai servizi, dando inizio ad un positivo processo di riconoscimento e riconoscenza verso i servizi stessi”.

Il riconoscimento dei progressi del bambino legati al lavoro fatto dall’equipe specializzata e dalla scuola, la comprensione dei diversi ruoli dei servizi, la possibilità di un peggioramento nel caso di sospensione del servizio, ha portato la famiglia ad aprire le porte di casa per accogliere l’operatrice del servizio psico-educativo proposto dalla NPI. Un obiettivo importante raggiunto grazie al lavoro di mediazione svolto, come spiega con soddisfazione la dottoressa Valenti: “Il caso di questo bambino mette bene in risalto i diversi aspetti del lavoro di mediazione: la mediazione tra punti di vista diversi di servizi, la mediazione culturale nell’analisi della domanda, la mediazione tra servizi e famiglia nell’intervento, la mediazione linguistico-culturale, rispetto allo scambio comunicativo nell’incontro. Un lavoro di squadra che ci permette di migliorare e garantire l’accesso ai servizi di integrazione esistenti”.

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